02.08.03. Una spiegazione insufficiente sull’importanza del dato biometrico: c’è in gioco molto di più di ciò che si rappresenta usualmente [DEMO]

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La (insufficiente) spiegazione che viene normalmente data alla domanda sul “perché” tali dati (biometrici) non possano essere trattati risiede quasi sempre nel narrato “fatto” che un simile trattamento potrebbe portare le persone a modificare le proprie abitudini di vita: ossia, ad esempio, a non partecipare alla socialità della collettività, oppure ad auto limitare l’espressione del proprio pensiero e dei propri comportamenti per il timore di non poterlo fare liberamente poiché potenzialmente identificabili a posteriori per ciò che hanno fatto o detto in ogni tipo di immaginabile relazione o comunicazione sociale, politica, economica, sentimentale.

Questo tipo di spiegazione (“classica”) si ritrova anche ai punti da 18 a 24 delle premesse alla proposta di Regolamento sull’Intelligenza Artificiale formulata il 21-04-2021 dalla Commissione UE ove infatti si afferma che, «L’uso di sistemi di intelligenza artificiale per l’identificazione biometrica remota in tempo reale di persone fisiche in spazi accessibili al pubblico, evoca un sentimento di costante sorveglianza e dissuade indirettamente l’esercizio della libertà di riunione e di altri diritti fondamentali. Inoltre, l’immediatezza dell’impatto e le limitate opportunità di ulteriori controlli o correzioni in relazione all’uso di tali sistemi che operano in tempo reale comportano rischi maggiori per i diritti e le libertà delle persone interessate dalle attività di contrasto».

E si tratta di motivazioni che esprimono bene un timore che, al momento, ha portato (e quasi certamente porterà sempre più) all’uso del dato biometrico attraverso sistemi di “A.I.” limitatamente alle seguenti ipotesi poiché necessario a conseguire un interesse pubblico sostanziale il cui perseguimento andrebbe oltre i rischi che un simile trattamento comporta:

  • i) per la ricerca di potenziali vittime di reati, compresi i bambini scomparsi;
  • ii) per determinate minacce alla vita o all’incolumità fisica di persone fisiche o di attacchi terroristici;
  • iii) per l’individuazione, la localizzazione, l’identificazione o il perseguimento di autori o sospettati di reati se tali reati sono punibili nello Stato membro con una pena detentiva o un ordine di detenzione di almeno tre anni e secondo la definizione della legislazione nazionale. Ipotesi di utilizzo niente affatto marginale o di scarsa potenziale applicazione: tutt’altro!

Il timore espresso circa l’uso dei dati biometrici rappresenta, senza dubbio, una parte di verità ma non coglie il sostrato più profondo della reale questione che il (da tempo in molte parti del mondo sdoganato) trattamento dei dati biometrici comporta.

Il tema è, infatti, molto più serio di come viene spesso raccontato e, oltretutto, non è affatto di natura capitalistica poiché, se ben letto, esso non è assegnabile a ragioni di accumulo di ricchezza convenzionale (che, a mesto parere di chi scrive, è un fattore sociale transitorio destinato ad essere superato dalla tecnica dopo un periodo di suo asservimento quale mero mezzo di potenziamento della tecnica stessa

cfr., ad esempio, "Capitalismo senza futuro", di Emanuele Severino, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2013. ↑

) ma, piuttosto, all’inevitabile attrazione verso la “dominanza” geopolitica di tipo tecnologico che caratterizzerà sempre più i prossimi decenni di storia.